mercoledì 18 gennaio 2012

Chi non ha dovuto ascoltare le telefonate tra il capitano della sfortunata nave da crociera e la capitaneria di porto. Drammatiche, forti, coinvolgenti, imbarazzanti. Non abbiamo avuto scelta. Come ormai sempre più spesso accade non importa se non accendi la televisione, se guardi internet, se ascolti la radio. da alcuni fatti o meglio dai fatti come vogliono essere raccontati, non si scappa.
Così i mei pensieri non possono non essere occupati da qualle voci, quelle immagini da catastrofe, quelle storie commuoventi. E' un evento di eccezionale drammaticità.E come tale dovrebbe restare cronaca, una serie di informazioni puntuali, serie, su ciò che è accaduto. Occupare il loro posto senza dover diventare opinione, schieramento, senza che qualcuno ci forzi a puntare il dito su qualcun altro, indipendentemente dal nostro ruolo, competenza e autorevolezza. Succede per questo, per la politica per i fatti criminosi per lo sport naturalmente.
Siamo tutti chiamati ad essere giudici e talvolta boia di qualcun altro. Questo piace perchè ci fa sentire dalla parte giusta. Salvi per questo giro, non tocca a noi. Perchè a me questo sistema fa sempre pensare " e se ci fossi io li? se accusassero me? se fossi io la vittima? se succedesse ai miei figli?" Vorrei che succedesse questo?
Tutti fanno tutto. Tutti giudici ma tutti economisti, tutti allenatori, tutti esperti di medicina, tutti buoni e belli.
Più facile trovare le opinioni già confezionate. tutto già servito e condito per essere consumato.
Le notizie, le opinioni, le idee sono come piatti pronti da aprire e scaldare.
Si perde così l'abitudine a trasformare le informazioni e a dare il nostrro contributo. Ci si limita a consumare.

Lo stato, la giustizia, la cosidetta opinione pubblica dovrebbe avere lo stesso senso di responsabilità che tanto auspichiamo nelle persone che accusiamo. Ancora una volta etica e rigore sembrano essere i grandi assenti dei nostri giorni.




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